Cosa ci ricorderemo di questi giorni in quarantena

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Cosa ci ricorderemo di questi giorni in quarantena

Lo ammetto. Questo post è più per me che per voi.

Ho una scarsa memoria a lungo termine, ma di questo assurdo periodo che non avrei mai voluto vivere voglio ricordare i dettagli. Quelli che fra qualche tempo ci dimenticheremo perché nessuno vorrà più parlare di questa emergenza, come si fa con i terremoti e le alluvioni. Quelli che vorrò raccontare a mio nipote, quando mi chiederà del suo primo anno di vita.

È il secondo giorno, qui in Sicilia, che viviamo in quarantena. A causa dell’emergenza Covid-19, l’Italia è diventata zona rossa. Non ci si può spostare sul territorio, se non per ragioni imprenscindibili di lavoro e salute e con un’autocertificazione firmata dietro.

Dai social veniamo a sapere che molte persone non hanno idea di come impiegare il tempo in casa. Hanno bisogno che qualcuno glielo dica, e allora un manipolo di influencer butta giù liste pressoché identiche che suggeriscono come evitare di annoiarsi (guarda un film o una serie tv, riordina l’armadio, fai shopping online, leggi, cucina, fai la skin care).

Datti al giardinaggio dei fiori del male. Aggiungo io, citando i Baustelle.

Si esce lo stretto necessario. Solo per fare la spesa e poco altro. Nelle grandi città c’è la fila fuori dal supermercato, distanti un metro gli uni dagli altri, alcuni con mascherina chirurgica, altri con guanti in lattice.

Hanno chiuso tutto il resto; le attività postano sui social un avviso che finisce quasi sempre con «fino a data da destinarsi».

Anche la tv è cambiata. In studio non c’è più il pubblico che applaude, ride o fischia. Alcune trasmissioni sono state soppresse, vanno in onda per lo più i notiziari. È un vocìo costante sul virus, sulla quarantena, sul numeri dei tamponi risultati positivi.

Attori, cantanti e artisti si esibiscono in diretta sui social per tenere compagnia ai loro fan. Gli spettacoli sono stati annullati, i concerti rimandati. Il campionato di calcio è stato sospeso. E quando si ferma il campionato di calcio in Italia, vuol dire che la situazione è davvero grave.

Ogni giorno si aspetta con ansia il bollettino: prima quello della regione lombarda, poi, nel mio caso, quello della regione siciliana. C’è anche un’infografica del governo che martella su tutte le reti con i comportamenti ‘eccezionali’ da seguire: lavati le mani, tossisci sul gomito, evita abbracci e baci, non uscire.

Tutte le abitudini quotidiane sono state stravolte. E adesso ci si chiede continuamente se è legale o meno portare a spasso il cane, fare una passeggiata al mare, uscire per pagare una bolletta.

Per la prima volta proviamo simultaneamente lo stesso stato d’animo di sconforto e sfiducia, abitiamo città spettrali che senza le nostre vite frenetiche sembrano congelate, mentre la natura è l’unica cosa che muta. Quando tutto è cominciato era inverno, tra qualche giorno sarà primavera e non potremo vedere gli alberi fiorire, tranne chi ha la casa col giardino.

Ci ricorderemo che questo è stato il periodo in cui abbiamo scoperto di essere l’altro. Ci ricorderemo che c’è voluto un po’ prima di correggere il tiro e accettare di essere veramente liberi (di uscire, di viaggiare…) soltanto quando anche tutti gli altri possono esserlo.

Dopo la tempesta, non sei mai la stessa persona che eri prima di attraversarla. Ma non riesco a immaginare se e come la nostra percezione sulle cose del mondo cambierà. Forse saremo più capaci di stare fermi oppure un giorno di vacanza in più ci porterà alla mente questa reclusione forzata. Forse saremo più gentili gli uni con gli altri o forse saremo più sospettosi e diffidenti.

Torneremo a stringerci la mano? Probabile. È nella nostra cultura, essere un po’ cortesi e un po’ cafoni.

Mentre scrivo, l’OMS dichiara che siamo passati da un’epidemia a una pandemia. No, questo di certo non lo dimenticherò.